Corse cavalli clandestine a Messina

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prato
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Corse cavalli clandestine a Messina

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Messina, i clan si sfidano nelle corse clandestine di cavalli. “Gare truccate, doping e vendette”: 33 arresti
dall'inviato di Repubblica Salvo Palazzolo

Ai domiciliari un veterinario: "Era al servizio della famiglia Galli". Scoperto un giro di maxi scommesse

Una mattina, prima dell'alba, si diedero appuntamento alle pendici dell'Etna, nella zona di Castiglione di Sicilia. Il capomafia di Messina Pippo Irrera aveva puntato ventimila euro sul suo purosangue, ma non si sentiva tranquillo, i catanesi legati al clan Santapaola dicevano di avere un cavallo ancora più forte. E infatti vinse. Ma con l'inganno. "Guarda il video su Internet - sbottò qualche giorno dopo uno dei fedelissimi di don Pippo - quelli con la moto spingevano il calesse". Irrera andò su tutte le furie: "Devo fare scoppiare una bomba. Appena scende Iannuzzu gli do un colpo di pistola in faccia, bastardo". Quel giorno, corse un brivido nella sala intercettazioni del comando provinciale dei carabinieri di Messina. Per una gara di cavalli persa uno dei capimafia più influenti della provincia era pronto a scatenare una vendetta. Stanotte, Irrera è stato arrestato con i suoi fidati del clan Galli: l'indagine coordinata dalla procura distrettuale antimafia diretta da Maurizio de Lucia ha fatto scattare 33 misure cautelari. Ai domiciliari è finito un insospettabile veterinario messinese, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Messina, i boss organizzano le gare clandestine di cavalli. Scatta il blitz

Il boss commerciante
C'era un grande business attorno alle corse clandestine dei cavalli organizzate dal boss Pippo Irrera, ufficialmente solo il gestore di un negozio di frutta e verdura a Messina, in realtà un attivissimo mafioso, con grandi disponibilità finanziarie. "I catanesi hanno giocato sporco", continuava a ripetere. "E' stata fatta una scorrettezza". Ma i catanesi non avevano alcuna intenzione di restituire le scommesse, circa 60 mila euro, una parte consistente era già finita nella casse del clan Santapaola-Ercolano. Furono giorni di grande tensione fra Messina e Catania, da un momento all'altro i contrasti potevano anche degenerare in ritorsioni violente, proprio come diceva Irrera.

La villa bunker
Alla fine, però, i Santapaola fecero arrivare una versione ufficiale per provare a frenare le contestazioni: "Qualcuno ha allungato il piede, ma senza spingere". E Irrera fu convocato a Catania dal nipote di Nitto Santapaola, per un chiarimento. I video e le intercettazioni fatti dai carabinieri del Reparto Operativo di Messina diretto dal tenente colonnello Mauro Izzo sembrano quasi una puntata della serie "Gomorra". Il boss messinese che arriva in auto alla periferia di Catania, viene fatto scendere e accompagnato in scooter (con tanto di scorta di altre moto) fino a una villa bunker con telecamere e vedette armate. Le immagini dell'incontro non ci sono, ma si può facilmente immaginare che la scena fu memorabile: il rampollo dei Santapaola che stringe la mano a Irrera. La guerra fra Messina e Catania non conveniva a nessuno. I Santapaola accolsero l'invito dei boss messinesi, la gara sarebbe stata rifatta. Mentre altri cavalli venivano preparati.

Don Pippo parlava al telefono delle "bustine per la corsa", c'è il pesante sospetto che gli animali utilizzati per le gare clandestine siano stati dopati. La posta in gioco era alta. Questa storia racconta che i boss puntano a nuovo controllo del territorio per la gestione dei propri affari. QUANDO C'ERANO LE GARE INTERE STRADE VENIVANO CHIUSE
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Dottò
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Re: Corse cavalli clandestine a Messina

Messaggio da Dottò »

Almeno pare che questa volta l'ippica, intesa come corse regolari, sia al di fuori.
Solo che già abbiamo agli occhi dell'opinione pubblica una fama terribile, che se anche l'ippica stavolta non c'entra, al lettore qualsiasi basta poco per associare le corse clandestine, la mafia e le corse in ippodromo. Va a finire che verremo incolpati anche se stavolta siamo estranei ai fatti :thumbdown:
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prato
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Re: Corse cavalli clandestine a Messina

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Arresti di mafia a Giostra, da Messina la difesa di Irrera: «Coi cavalli ho chiuso»
di Riccardo D’Andrea de "la Gazzetta del Sud"

La linea difensiva dopo la dura spallata dei carabinieri e della Dda segue una strada comune. Praticamente tutti gli indagati dell’operazione “Cesare” a Messina finora interrogati hanno provato ad alleggerire le rispettive posizioni.

C’è chi si è professato innocente, chi ha riferito di essere semplicemente «un gran lavoratore», chi di avere «una passione innata per i cavalli» e niente più. Eppure, il castello accusatorio costruito da inquirenti e investigatori si fonda su illeciti gravissimi: prima di tutto, la presenza sul territorio di Giostra di un’associazione a delinquere di stampo mafioso.

Un addebito respinto, ad esempio, da Giuseppe Irrera, considerato il nuovo “ras” del clan della zona nord. Durante il confronto in videoconferenza con il gip Maria Militello, il genero del boss Luigi Galli – recluso al 41 bis – ha rivendicato la sua attività di commerciante di prodotti ortofrutticoli e di gestore di altre attività economiche.
Un lavoratore indefesso, insomma, anche se le carte sembrano dire tutt’altro. Assistito dagli avvocati Salvatore Silvestro e Antonello Scordo, ha risposto a domande relative a presunte “colpe” che spaziano dalla direzione del sodalizio criminale all’intestazione fittizia di beni, passando per l’organizzazione di corse clandestine e il ruolo attivo nel business delle scommesse. A quest’ultimo proposito, ha tenuto a precisare di aver presenziato solo a due competizioni e aver venduto i suoi purosangue già quattro anni fa. Tradotto: «Con le corse ho chiuso».

Quanto agli altri indagati chiamati a rispondere della partecipazione all’associazione mafiosa, Natale Rigano l’ha esclusa categoricamente, dichiarandosi altresì estraneo alle singole gare. Ma ha ammesso di essere stato il “depositario” di una somma di denaro per conto degli organizzatori delle corse. Il suo difensore, l’avv. Giovanni Caroè, ha chiesto di poter approfondire il contenuto di alcune intercettazioni che riguardano il 39enne ritenuto dalla Dda il collettore delle «scommesse sia presso i concorrenti messinesi che quelli catanesi».

Hanno risposto al gip Militello, affiancato dai pubblici ministeri Maria Pellegrino, Liliana Todaro e Antonella Fradà, anche Giuseppe Galli – che si è detto estraneo al rato associativo, ma appassionato di cavalli –, Grazia Maria Munnia e Francesco Vento. Idem Luigi Vinci, al quale, al termine dell’interrogatorio, revocata la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Pg. Ha manifestato la sua estraneità agli addebiti, pur non rispondendo al gip, Carlo Altavilla, considerato a capo di un primo gruppo criminale operante sia nel rione messinese di “Giostra” che a “Santa Lucia Sopra Contesse”, rifornitosi di ingenti quantitativi di cocaina e marijuana in Calabria e Campania, per poi distribuirli al dettaglio, attraverso una rete di spacciatori. Dal canto loro, Santino De Stefano e Tommaso Giacobbe (nipote dell’omonimo), hanno ribattuto alle contestazioni. Scena muta, invece, per Alessio, Carlo e Roberto Palermo, i quali si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Tra gli avvocati impegnati negli interrogatori anche Tino Celi, Salvatore Carrabba, Giuseppe Marletta, Antonio Barbiero e Antonino De Francesco. Pronti i ricorsi al Tribunale della libertà.

L’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali contiene la ricostruzione di una serie di gare tra equini in cui le scuderie messinesi per lo più soccombono al cospetto di quelle catanesi, vuoi per sfortuna, vuoi per le precarie condizioni degli animali. Come il 17 ottobre 2016: tre giorni dopo Irrera, Vento e un terzo soggetto commentano le scarse prestazioni del loro cavallo, che sembrava morto e sfinito: «Si è mangiato quattro milioni di globuli rossi in quattro giorni e il ferro lo ha a 40. Non ha nemmeno voglia di camminare. Mario (ndc, il nome del cavallo) è soggetto a prendere questa ca... di zecca». Irrera e Vento, nonostante le precarie condizioni dell’animale, lo avevano messo ai blocchi di partenza. Indossati i disonorevoli panni dei perdenti, ammettono: «Non è lucido, si vede... si vede perché nei denti, nelle gengive è giallo».
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